È la mattina della mietitura che inaugura la decima edizione degli Hunger Games.
A Capitol City, il diciottenne Coriolanus Snow si sta preparando con cura: è stato chiamato a partecipare ai Giochi in qualità di mentore e sa bene che questa potrebbe essere la sua unica possibilità di accedere alla gloria. La casata degli Snow, un tempo potente, sta attraversando la sua ora più buia. Il destino del buon nome degli Snow è nelle mani di Coriolanus: l’unica, esile, possibilità di riportarlo all’antico splendore risiede nella capacità del ragazzo di essere più affascinante, più persuasivo e più astuto dei suoi avversari e di condurre così il suo tributo alla vittoria.
Sulla carta, però, tutto è contro di lui: non solo gli è stato assegnato il distretto più debole, il 12, ma in sorte gli è toccata la femmina della coppia di tributi.
I destini dei due giovani, a questo punto, sono intrecciati in modo indissolubile. D’ora in avanti, ogni scelta di Coriolanus influenzerà inevitabilmente i possibili successi o insuccessi della ragazza. Dentro l’arena avrà luogo un duello all’ultimo sangue, ma fuori dall’arena Coriolanus inizierà a provare qualcosa per il suo tributo e sarà costretto a scegliere tra la necessità di seguire le regole e il desiderio di sopravvivere, costi quel che costi.
L'annuncio di un prequel di Hunger Games poteva suscitare due opposte reazioni: eccitazione per il ritorno a Panem in quella che di fatto è stata una delle serie più amate degli ultimi dieci anni e timore che tutto si rivelasse frutto di un business economico.
Questo libro ha il pregio di non deludere gli appassionati della serie ma allo stesso tempo non sembra che un'eco lontana del mondo che abbiamo imparato a conoscere.
I riferimenti a Katniss e alle sue avventure ci sono: l'odio che Snow prova nell'immediato per le ghiandaie imitatrici, il tubero che porta il suo nome, le origini della bellissima ballata che potremmo cantare a memoria.
Are you, are you
Coming to the tree
They strung up a man
They say who murdered three
Strange things did happen here
No stranger would it be
L'autrice ha però chiaramente fatto una scelta: allontanarsi dalle sue origini per rinnovarle, approfondirle. Decide di raccontare gli Hunger Games dal punto di vista di Capital City e dal suo più evidente emblema, Coriolanus Snow.
Il diciottenne di cui facciamo la conoscenza è un personaggio ancora in divenire.
La sua vita è appesa a un filo, le sue origini nobiliari gli hanno consentito di sopravvivere, di frequentare l'Accademia con i suoi pari, ma le finanze scarseggiano e Coriolanus ha bisogno di vincere gli Hunger Games come mentore per salvare il nome della sua famiglia e ciò che ne rimane dopo i Giorni Bui della ribellione dei distretti: la sua casa, la signoranonna e sua cugina Tigris.
Sin dalle prime pagine, avvertiamo come il suo senso etico, la sua giustizia siano mitigate dall'ambizione, dal desiderio profondo della rivalsa sociale.
Sa di essere il migliore tra i suoi compagni, sa di essere destinato a grandi cose ed è questo che nel corso, poi, della storia, lo spingerà a decisioni discutibili, ingiuste, macabre.
Se da un lato, Snow è il vero protagonista della storia, dall'altro, la scelta della Collins di usare una terza persona singolare ha reso la storia monocorde.
Credo che, forse, l'alternanza con un altro PoV avrebbe mitigato la cupezza e l'unidirezionalità della personalità del giovane rampollo di Capital City.
Proprio la capitale di Panem è la vera sorpresa: se immaginavate una città decorata a festa, sarete scioccati dallo scoprire che il dopoguerra ha messo in ginocchio tanto i distretti quanto la sua degna rivale.
Le privazioni, l'orrore, la devastazione, la fame regnano.
La ricostruzione è lenta e ai cittadini serve un diversivo: gli studenti diventano l'arma migliore per rendere gli Hunger Games più appetibili.
Sono un monito perchè la ribellione non si ripeta, ma anche uno strumento di gaiezza per allontanare l'elemento della incompiutezza che vige nella società.
Ultimo punto su cui sento di soffermarmi è proprio il concetto stesso di società che traspare da questo romanzo, dai tratti sicuramente più moderno e riflessivo di ciò che ci aspettavamo.
La Collins con le sue scelte narrative instilla il caos, pone l'uomo e il futuro presidente davanti alla sua estrema condizione, riduce alla sopravvivenza la giustificazione del controllo.
L'uomo, senza le convenzioni e le regole, sarebbe in balia dei propri istinti primordiali, non più che un animale pronto a farsi guerra.
Queste riflessioni non possono esser lette a cuor leggero perché dimostrano come anche nel genere fantasy - seppur non avessimo dubbi in merito- e soprattutto, attraverso una storia con una genesi tanto famosa, sia possibile mettersi in discussione, creare un confronto, elaborare un dialogo su temi di estrema attualità.
Verdetto: Dipendente!
Spero che la mia recensione vi abbia incuriosito o ancor meglio, appassionato.
Scrivetemi quello che pensate nei commenti, un bacio
Cris
Quanto lo voglio leggere!
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