Let's talk about è una rubrica a cadenza casuale in cui vi parlerò di film, telefilm, curiosità su un argomento random scelto volta per volta.
Buongiorno lettori, bentrovati!
Oggi ho il piacer di ospitare una mia cara amica, Maria, che in occasione di una mia particolare richiesta ha scritto la recensione di 'Kafka sulla spiaggia'.
Dovendo stare dietro al blog, spesso perdo alcune belle letture, magari non abbastanza pubblicizzate, così ho pensato di poter rimediare attraverso gli occhi di qualcuno che avesse gusti e opinioni (non sempre) diversi dai miei.
Un ragazzo di quindici anni, maturo e determinato come un adulto, e un vecchio con l'ingenuità e il candore di un bambino, si allontanano dallo stesso quartiere di Tokyo diretti a Takamatsu, nel Sud del Giappone. Il primo, che ha scelto come pseudonimo Kafka, è in fuga dal padre, uno scultore geniale e satanico. Mentre il secondo, Nakata, fugge dalla scena di un delitto nel quale è stato coinvolto contro la sua volontà. Seguendo percorsi paralleli, che non tarderanno a sovrapporsi, il vecchio e il ragazzo avanzano nella nebbia dell'incomprensibile, schivando numerosi ostacoli, ognuno proteso verso un obiettivo che ignora ma che rappresenterà il compimento del proprio destino. Inquietante, avvincente e visionario, Kafka sulla spiaggia è il romanzo che consacra Murakami come uno dei piú grandi narratori contemporanei.
« Ma non ho ancora capito che cosa significa vivere, » dico.
« Guarda il quadro, » dice lui. « Ascolta il rumore del
vento. »
Annuisco.
« Adesso dormi, » dice il ragazzo chiamato Corvo. « Ascolta
il rumore del vento. »
Annuisco.
« Ne sei capace. »
Annuisco.
« Adesso dormi, » dice il ragazzo chiamato Corvo. « E quando
ti sveglierai farai parte di un mondo nuovo. »
Così finalmente ti addormenti. E quando ti svegli, fai parte
di un mondo nuovo.
Kafka sulla spiaggia, Capitolo
Quarantanovesimo.
Ho deciso di utilizzare come
incipit di questa recensione proprio quelle che sono le battute finali
dell’ultimo capitolo di questo romanzo, “Kafka sulla spiaggia”, che è stato
letteralmente in grado di stregarmi e di monopolizzare la mia attenzione ed il
mio tempo per quasi un mese.
Perché scegliere proprio
questo passaggio? Perché, a mio parere, in queste poche parole è riassunto
perfettamente il significato o, almeno, quello che per me ha significato questo
libro: una ricerca continua di sé stessi, dell’amore, del vero significato
della vita, della differenza tra il bene e il male, di una madre, di una
sorella; e la risposta ad alcuni di questi quesiti, che tormentano e non danno
tregua al “ quindicenne più tosto del mondo ” Tamura Kafka (metafora di tutti noi), sarà inevitabilmente
una: « Ascolta il rumore del vento. »
Non starò qui a fornire
dettagli e/o spoiler su quella che è la trama del libro, ma cercherò, nel mio
piccolo, di raccontare ciò che per me ha significato questo libro: compito
certamente non semplice, e chiunque ha già letto il libro, o lo leggerà, capirà
cosa voglio dire.
Partirei con la prima e più
ovvia (o forse non proprio così ovvia) considerazione che si può fare al
riguardo: “Kafka sulla spiaggia” non è un libro come gli altri, o almeno non lo
è stato per me.
Murakami riesce, grazie al suo stile narrativo
chiaro, scorrevole, coinvolgente e, aggiungerei, quasi familiare, a trasportare
il lettore in luoghi eterei, lontani dalla realtà e dalla vita quotidiana,
permettendogli di vivere esperienze quasi mistiche: forse noi tutti vorremmo
avere, al di là di una foresta minacciosa e intricata, un villaggio pronto ad
accoglierci, un villaggio in cui il tempo si è fermato, o forse non è mai
esistito; un luogo in cui esistono, come fantasmi senza memoria, le persone che
abbiamo più amato, che ci hanno più attratto fisicamente, mentalmente,
sentimentalmente, le persone del nostro passato e del nostro presente, pronte
ad ascoltare i nostri interrogativi e le nostre insicurezze, senza che però
possano dare una risposta definitiva ai nostri dubbi, alle nostre incertezze,
alle nostre paure: personaggi che non sono altro che una personificazione della
nostra stessa mente, del nostro stesso animo, e non potranno far altro che
fornirci risposte già presenti in noi stessi, in maniera conscia o inconscia.
C’è poi Nakata, l’altro
protagonista del romanzo, un dolce uomo di mezza età, privato in età infantile,
da un incidente misterioso e in maniera inspiegabile, delle sue capacità
intellettive: Nakata non è in grado né di ricordare nulla né di apprendere
nulla, anche le cose più elementari come leggere, scrivere e contare; questo
enorme deficit è però compensato dalla sua singolare capacità di parlare,
letteralmente, con i gatti del suo quartiere.
Nakata si dimostrerà un uomo
puro, la cui forza enorme è data dalla bontà e semplicità del suo cuore, della
sua mente e delle sue azioni. Arriverà a sacrificare sé stesso, per adempiere
al suo ruolo di guardiano del passaggio che permetterà a Tamura di ritrovarsi
nel villaggio oltre la foresta, pronto forse a ritrovare sé stesso, o forse a
cominciare a mettere insieme i pezzi della sua vita.
Verranno poi toccati
dall’autore, in maniera sempre chiara e profonda, moltissimi temi,
dall’ambiguità sessuale di Oshima, alle rivolte studentesche e violenze del
’68, alla perdita del grande amore giovanile della signora Saeki, direttrice
della biblioteca dove Tamura si rifugerà dopo la fuga da casa.
Strutturalmente, il libro è
diviso in 50 capitoli, 49 numerati, e uno (il capitolo tra il quarantaseiesimo
e il quarantasettesimo) fornito di titolo, per un totale di 514 pagine. I
capitoli alternano la narrazione della storia di Tamura a quella della storia
di Nakata.
Elemento onnipresente e
legante di tutta la storia è la continua citazione di diversi brani e generi
musicali: si va dai Beatles, a Eric Clapton, a Prince, passando per John
Coltrane e Haydn: Murakami riesce a trasmettere, al lettore e ai personaggi
nati dalla sua penna, l’enorme passione che, in maniera palese ed evidente,
prova per la musica (elemento, quest’ultimo, molto presente anche in “Norwegian
Wood”, altro romanzo di Murakami, che ho letto dopo “Kafka sulla spiaggia”), facendo
venir voglia al lettore di immergersi in quelle melodie e canzoni continuamente
presenti e fondamentali nella narrazione e nella vita dei personaggi. E d’altra
parte, essendo io stessa una grandissima appassionata di musica, mi chiedo come
sia possibile una vita senza una colonna sonora continua, scelta da noi o dagli
altri, poco importa, che riesca ad accompagnarci, in maniera giornaliera, e ad
aiutarci a vivere i momenti più disparati, da quelli felici a quelli meno
felici, da quelli riflessivi a quelli irrazionali. (A tal proposito, lascio il
link di un sito trovato sul web, sul quale qualcuno ha ben pensato di creare
una playlist per ogni romanzo di Murakami, contenente, una per una, tutti i
brani citati in ogni sua opera, e che torna estremamente utile durante la
lettura, per chi volesse immergersi quasi completamente nella lettura. http://haruki-music.com/ )
Concludo questo che forse,
più che una vera e propria recensione, è un invito a leggere piuttosto lunghetto:
se avete tempo (ma anche se
non ne avete!); se volete lasciarvi trasportare in un mondo familiare, eppure
onirico ed etereo; se volete interrogarvi sul senso della vita, e siete pronti
a mettere in discussione voi stessi, insieme con i personaggi del romanzo,
arrivando forse sì o forse no ad una risposta; se volete assaporare una cultura
ed un mondo diversi dai nostri occidentali (ma forse neanche tanto); se volete
tutto questo, e ancora molto altro, o forse anche meno, allora questo è il
libro che fa per voi, è il libro che chiunque dovrebbe leggere, il libro a cui
chiunque, più o meno scettico, dovrebbe dare una chance.
(Morale della favola:
accattatavill e leggete leggete, costa pure poco, edizione Einaudi Super a
soli 15 euro circa, copertina flessibile).
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