Buongiorno lettori, come state? Oggi vi parlo di un distopico recentemente uscito per la Mondadori, Poster girl, di Veronica Roth, che torna finalmente alla ribalta grazie a una prosa asciutta e riflessioni importanti.
La Roth con le ultime pubblicazioni, specie The Chosen Ones, non mi aveva propriamente convinto. Non vi nego che quando mi sono approcciata a Poster girl ero assai titubante ed infatti le prime pagine non mi stavano piacendo.
Poi, per fortuna, ho continuato e ho potuto ricredermi completamente.
Credo che sia uno dei libri più belli e maturi dell'autrice, una sorta di evoluzione di Divergent, toccata inevitabilmente dai tempi che cambiano.
Andando con ordine, il libro è raccontato in prima persona da Sonya, una donna di 27 anni che da dieci vive come prigioniera nell'Apertura.
Sonya ha l'unica colpa, come tanti altri, di essere stata la figlia del regime, della Delegazione. Suo padre ricopriva un ruolo di prestigio, come la famiglia del suo promesso e quella di tanti altri amici. Non si è mai fatta tante domande, viveva secondo i dettami prescritti calcolando come agire, cosa dire, come apparire per mantenere intatta la sua immagine di Ragazza Poster.
Sonya è il viso della Delegazione, anche dopo dieci anni. Quando la ragazza riceve la proposta di trovare una secondogenita illegale portata via ai suoi genitori, non può rifiutare e comincia una serie di investigazioni, più o meno pericolose che la condurranno su territori inesplorati e metteranno in crisi tutto ciò che Sonya pensava di sapere.
Questo romanzo funziona per diversi aspetti. In primo luogo, la storia comincia dove il solito distopico finisce. Non è il momento in cui avviene la rivoluzione, ma quello immediatamente successivo. Cosa accade a coloro che sono stati leali? O che sono stati al comando? C'è una punizione esemplare o la morte è la soluzione ideale?
E' stato interessante leggere cosa succede 'dopo' perché la verità è che qualunque scelta, più o meno garantista, ti lascerebbe con l'amaro in bocca.
L'Apertura è di fatto una prigione, non c'è nulla che cresca, non ci sono rifornimenti giornalieri o settimanali, è semplicemente lasciata a se stessa, come i suoi abitanti che crescono sapendo di essere destinati solo alla morte. E' doloroso, ma è comprensibile guardando a chi invece quei soprusi li ha subiti.
Un altro aspetto che ho trovato interessante è stata la scelta dell'autrice di raccontare una protagonista imperfetta, che ha commesso degli errori quasi imperdonabili, che è disposta a vendere parti di sé per guadagnarsi la libertà. Sonya è stata una bambina nelle mani di un regime, ma ha scelto e con quelle decisioni dovrà convivere tutta la vita, nonostante la fatica e il dolore nell'andare avanti.
Non da ultimo, la Roth ha parlato anche di tecnologia e analogico. Il progresso può essere regresso, è uno dei temi scottanti della nostra società. Quanto i nostri dispositivi sono intrusivi? Quanto governnao le nostre scelte, le nostre relazioni? Quanto siamo consapevoli di essere osservati o di stare cedendo diritti sulla nostra vita privata? Siamo così immersi nella tecnologia che il confine tra realtà e virtuale ci sfugge. Sebbene questo aspetto rimanga un po' sullo sfondo, una brava autrice è capace di instillare comunque nel lettore attento una riflessione sull'argomento. Senza dubbio, Veronica Roth lo è.
La prosa è come sempre asciutta e senza fronzoli, non il tipo di stile che preferisco, ma ad un certo punto, entrando nel vivo della storia si va avanti senza dubbi o incertezza. Un buon libro, un'autentica sorpresa.
Verdetto: Dipendente
Grazie a Silvia per aver organizzato l'evento, alla Mondadori per la copia digitale e seguite le mie amiche per leggere anche la loro opinione.
Baci,
Cris
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