Oggi festeggiamo con la mia tappa anche la fine del bellissimo BT di Iron Flowers, la cui recensione è già presente sul blog.
Tocca a me parlarvi di donne e prigioni!
In questo romanzo, le donne che hanno commesso un crimine, di qualsiasi genere, anche d'opinione vengono mandate a Monte Rovina, dove, costrette dalle misere condizioni, devono uccidersi a vicenda per sopravvivere.
Voglio quindi raccontarvi la storia di alcune donne importanti che sono state punite ed imprigionate:
ANNA BOLENA
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MARIA ANTONIETTA
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Ormai esile ed emaciata quando cominciò il processo, fu condannata a morte il 14 settembre del 1973.
Le sue ultime parole furono per il boia, a cui per sbaglio aveva calpestato il piede: “Perdonatemi signore, non l’ho fatto apposta”.
ELISABETTA I
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Nel 1553 Edoardo, non ancora sedicenne, di salute sempre più cagionevole, morì probabilmente di vaiolo, lasciando un testamento che annullava le volontà del genitore e dichiarava sua erede Lady Jane Grey. Lady Jane ascese al trono, ma fu deposta meno di due settimane dopo. Resa forte dal sostegno popolare, Maria entrò trionfalmente a Londra con la sorellastra al fianco. Quando Maria I sposò Filippo di Spagna, un matrimonio molto sgradito ai suoi sudditi protestanti, temendo di poter essere deposta e sostituita dalla sorella, a seguito della fallita ribellione di Wyatt fece imprigionare Elisabetta nella Torre di Londra. Gli spagnoli chiesero l'esecuzione di Elisabetta, ma pochi inglesi desideravano mettere a morte un membro della popolare dinastia Tudor e anche i tentativi di rimuoverla dalla successione fallirono a causa dell'opposizione del Parlamento.
Inoltre Maria I non firmò mai il documento dell'esecuzione. Dopo due mesi nella Torre, a Elisabetta furono concessi gli arresti domiciliari al castello di Woodstock, sotto la custodia di Sir Henry Bedingfield; alla fine dell'anno, quando Maria si riteneva in attesa di un figlio, Elisabetta poté tornare a corte con l'assenso di Filippo, che, preoccupato che la moglie potesse morire di parto, preferiva che la corona inglese passasse a lei piuttosto che a Maria Stuarda, regina di Scozia.
EMMA GOLDMAN
Nata in Lituania, Emma Goldman ebbe un'infanzia difficile, sotto l'austero atteggiamento del padre. Trasferitisi negli USA, Emma crebbe libera e anticonformista nei suoi ideali. Dopo diverse azioni pericolose e anarchiche, ella divenne oratrice e conferenziera, riempiendo i teatri americani e canadesi.
La Goldman divenne oggetto delle pericolose attenzioni della polizia, a causa della sua instancabile attività come oratrice e come conferenziera, chiamata ora in uno Stato ora in un altro a sostenere scioperi, ad informare sul sistema capitalistico, a diffondere i suoi ideali. Collaborò anche con riviste anarchiche. Nel 1894 fu condannata ad un anno di carcere sotto l'accusa di aver "incitato alla sovversione" un gruppo di disoccupati nel corso di un comizio. Da allora in poi anche la stampa cominciò ad occuparsi regolarmente di lei, delle sue attività, delle sue vicissitudini giudiziarie e le fu applicato il soprannome di Red Emma.
Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, tenne delle conferenze contro il fanatismo nazionale e invitò i giovani a rifiutare la cartolina di precetto e a disertare. Fu arrestata ed espulsa dagli Stati Uniti e si recò nella Russia bolscevica, credendo di trovare in essa appoggio sulle proprie idee controcorrente. Ma così non fu.
La Goldman fu essere definita come una femminista ante - litteram perchè tenne diverse conferenze sul ruolo della donna, sulla sua emancipazione e sull'importanza della contraccezione.
«La storia - scriveva la Goldman - ci ha insegnato che ogni classe oppressa ha ottenuto la sua liberazione dagli sfruttatori solo grazie alle sue stesse forze. È dunque necessario che la donna apprenda questa lezione, comprendendo che la sua libertà si realizzerà nella misura in cui avrà la forza di realizzarla. Perciò sarà molto più importante per lei cominciare con la sua rigenerazione interna, facendola finita con il fardello di pregiudizi, tradizioni ed abitudini. La richiesta di uguali diritti in tutti i campi è indubbiamente giusta, ma, tutto sommato, il diritto più importante è quello di amare e di essere amata. Se dalla parziale emancipazione si passerà alla totale emancipazione della donna, bisognerà farla finita con la ridicola concezione secondo cui la donna per essere amata, moglie e madre, debba comunque essere schiava o subordinata. Bisognerà farla finita con l'assurda concezione del dualismo dei sessi, secondo cui l'uomo e la donna rappresentano due mondi agnostici »
Voglio chiudere questo appuntamento con un appunto personale: le donne imprigionate non sono solo queste donne, famose, irruente che hanno pagato con la vita o con la prigione per le proprie idee.
Le donne in prigione sono tutte quelle donne che vivono costretta in un'identità di mogli e madri. La donna è innanzitutto un essere umano, che ha l'obbligo di vivere una vita che la rende felice, scevra da pregiudizi e misoginia.
Come Serina in Iron Flowers, siamo fiori ma siamo fatti di ferro.
Un abbraccio, Cris
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